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Piccini 1882

Chianti Orange. Mario racconta la nascita del vino che ha cambiato il volto dell’azienda

Era una giornata di grande fermento. Nell’ampio piazzale dell’azienda, un viavai di camion e muletti animava l’atmosfera. Negli uffici echeggiava il rumore dei fax e lo squillo elettronico dei telefoni, mentre aravo a larghe campate il lungo corridoio centrale. Da mesi, stavamo lavorando un nuovo e rivoluzionario prodotto: un Chianti che avrebbe dovuto scuotere le fondamenta del più classico vino toscano. Freschezza e modernità erano le parole d’ordine che ci avevano guidato nell’intento di realizzare un vino più adatto alle nuove generazioni. Da sempre, il Chianti era ed è un compagno immancabile nelle tavolate di famiglia; un vecchio amico che parla il dialetto schietto delle nostre colline. Adesso, però, era arrivato il momento di cambiare il suo guardaroba e dare una rinfrescata al suo look, a partire dall’etichetta. E questo era il dilemma che mi stava ronzando in capo quella mattina. Mentre fiancheggiavo gli uffici, d’un tratto, mi arrestai e puntai lo sguardo sul quadro che decorava una delle pareti. Rimasi colpito dal rosso vivido di un paio di cesoie che il vignaiolo in foto teneva saldamente nella destra. Di colpo, tutte le altre opzioni che si erano affastellate nella mia mente sparirono. Adesso, esisteva solamente quel colore. Incapace di contenere la mia contentezza, mi sfregai le mani e mi precipitai da mia sorella Martina, per condividere con lei la buona notizia.

Non appena ebbi finito di raccontarle la mia intuizione, Martina disattese il mio entusiasmo, replicando che il rosso le pareva un colore troppo pomposo e tradizionale, per un Chianti che prometteva di sovvertire i canoni della presentazione del vino. Per tutta risposta, mi propose di virare sul colore giallo, che a suo dire incarnava maggiormente il concetto di innovazione. La schiettezza di mia sorella mi prese in contropiede e smorzò la mia euforia. Eppure, nemmeno la sua proposta mi convinse pienamente, il giallo era sicuramente un colore più energico, ma al contempo mi pareva troppo brioso e sbarazzino per un Chianti. Per trovare un compromesso alle nostre posizioni apparentemente inconciliabili, andammo da nostro padre, che ci accolse nel suo ufficio. Una volta esposta la diatriba, si alzò lentamente dalla sua poltrona, rinserrò i polsini e con la sua solita calma ci disse:

«Ragazzi miei, la soluzione è così evidente. Ce l’avete sotto gli occhi! Guardatevi. Ricordatevi che siamo una famiglia e dobbiamo sempre agire come una squadra. La nostra forza è stata e sempre sarà la nostra unione»

In quel momento, capii dove voleva arrivare. E così, spontaneamente, una parola uscì dalla mia bocca: «arancione», sussurrai. Martina mi fece eco: «arancione».

Anche nostro padre si abbandonò all’euforia del momento, e parlando attraverso il sorriso esclamò: «arancione!». «Che poi – aggiunse – è anche il colore dei nostri tramonti, quando il sole saluta, oltre i cipressi, le colline del Chianti».

Era nato il Chianti Orange, un vino destinato a rivoluzione per sempre la nostra azienda. Sull’onda del suo inarrestabile successo, anche Piccini ha abbracciato il colore arancione, a rappresentare i valori che da sempre ci contraddistinguono: innovazione e dinamismo, ricordando sempre l’unione della nostra famiglia.

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