Lo spot, trasmesso in prima serata sulle reti Mediaset, vuole essere un segnale forte di fiducia e ottimismo, un messaggio che accompagni il percorso di ripresa dell’azienda dopo le difficoltà vissute, con l’auspicio di un futuro più stabile e sereno per tutti.
1.Lo spot in prima serata su Mediaset un messaggio importante che vuole auspicare una ripresa rapida e si spera meno dolorosa possibile?
Un messaggio di speranza ed un invito a riflettere al dopo, siamo chiaramente ancora nel mezzo del tunnel ma dobbiamo attivarci immediatamente per cercare la luce. È necessario ritrovare una certa dose di ottimismo per ripartire.
2.Piccini è un’azienda leader nel mondo e tra le prime ad aprire una succursale a Shangai. Cominciamo da lì. Come stanno andando le cose?
In Cina la diffusione del virus è iniziata con due mesi di anticipo rispetto all’Italia. È interessante osservare gli sviluppi di quel mercato per cercare di interpretare i possibili scenari futuri del nostro Paese. La ristorazione cinese dopo tre mesi di blocco sta ripartendo, la ripresa è comunque lenta e le persone hanno molto timore di riunirsi sia in luoghi pubblici che in privato. L’online cresce ma il consumo del vino in Cina è ancora comunque molto legato a momenti di convivialità, è necessario attendere un ulteriore segno di ritorno alla normalità per poter apprezzare una ripresa significativa.
3.Da imprenditore esperto come vede la ripresa in Italia?
Molto dipende dal potere di acquisto dei cittadini. Al momento tutti i settori sono estremamente colpiti da questa crisi con la sola eccezione dei beni di prima necessità e di gran parte del terziario. La strategia di ripresa deve prestare particolare attenzione alla creazione di ricchezza, un processo che deve coinvolgere lo Stato e le aziende, le quali dovranno giocoforza rinunciare ad una parte del valore aggiunto per cercare di recuperare quanto perso durante questa crisi. Interventi sulla burocrazia ed opere pubbliche sono altrettanto necessari per sostenere una risposta corale.
4.Dati alla mano, ci fornisce qualche percentuale di quello che è stato l’impatto del Covid sul mercato del vino dall’Italia al mondo?
Ipotizziamo una perdita del 25-30% del mercato del vino italiano ma è ancora presto per tirare le somme, tutto è legato alla velocità della ripresa. Una crisi non paragonabile a quella del 2008 né per le dimensioni né per la dinamica, una crisi del settore economico che va a ricadere sul settore finanziario: l’esatto contrario di quel che è accaduto con la grande recessione legata ai subprime.
6.Fiere cancellate, ristoranti ko, turismo non ne parliamo. Non ci sono formule magiche per far tornare tutto alla normalità. Ma su cosa serve puntare e subito?
Come recita anche lo spot che abbiamo realizzato, dobbiamo puntare sulle eccellenze italiane. Comunicare ancor di più le bellezze del nostro Paese e la qualità dei nostri prodotti. Abbiamo lo strumento adatto per fare questo, ovvero l’OCM, ma anche in questo caso è necessario dare maggiore flessibilità. Le strategie ed i progetti elaboratati dalle aziende ad inizio anno devono poter essere rivisti poiché le necessità aziendali sono enormemente cambiate. Ci vorrà maggiore elasticità e reattività con l’obiettivo di supportare la filiera, facilitando l’accesso e il conseguente utilizzo dei fondi da parte dei molti protagonisti che hanno contribuito a far apprezzare il vino italiano nel mondo. Un’impostazione degli OCM quindi più snella che non si concentri nel mettere paletti, ovviamente il tutto dovrà essere poi accompagnato dalle dovute azioni di controllo per la verifica del rispetto dei criteri.
7.In un momento di bisogno avete anche agito con donazioni e aiuti concreti?
Abbiamo voluto dare concretamente il nostro supporto a chi è in prima linea donando 30.000 mascherine alle delegazioni della protezione civile di Toscana, Lombardia e Liguria e abbiamo aderito all’iniziativa benefica messa in campo da Tannico, il noto portale di e-commerce, che donerà 1€ all’Ospedale Sacco di Milano per ogni bottiglia venduta delle referenze di Torre Mora, la tenuta della famiglia Piccini sull’Etna.
Internamente ci siamo impegnati con clienti, fornitori e in primis con i nostri collaboratori garantendo fino ad oggi la continuità del lavoro e assicurando l’occupazione a tempo pieno di tutti i dipendenti. Ci riteniamo oltremodo fortunati per aver potuto, nel nostro piccolo, mantenere inalterati i livelli di occupazione senza attivare strumenti quali la cassa integrazione.
8.L’immagine comunque di un’Italia in ginocchio non passerà velocemente…
A questo proposito lo spot che abbiamo creato e condiviso anche con i nostri clienti all’estero, vuole essere un invito a ricordare le bellezze del nostro Paese, l’intraprendenza dei suoi cittadini e ispirarci a riprendere da dove avevamo lasciato prima che questo virus sconvolgesse le nostre vite.
9.Le vostre aziende sono sparse in tutta la Toscana qual è stata la percezione generale?
Come è stato detto a più riprese siamo di fronte ad un virus democratico, sia nella diffusione della malattia che nelle conseguenze economiche che, nel nostro caso, si ripercuotono abbastanza uniformemente sulle varie denominazioni toscane.
10.Pensate che questo periodo porterà inevitabilmente un reset, non solo di mentalità ma anche nella concretezza operativa?
Un’economia circolare deve partire dall’uomo, dalla salvaguardia del suo benessere e della salute, insomma: dalla qualità della vita. Dovremo illuminarci di una luce differente, pensare ad un approccio nuovo da trovare al più presto una volta che la situazione si sarà stabilizzata. Di sicuro non possiamo banalizzare il tutto pensando che lo smart working e l’online potranno risolvere la situazione perché, come spiegava Alessandro Aresu nel suo recente libro circa la visione di Adam Smith, “senza uno scambio di passioni, non può esservi uno scambio di interessi, e di conseguenza uno scambio di beni. In sintesi, la stessa relazione del mercato è resa possibile dal principio di simpatia.” Un principio che non può essere completamente sviluppato in un contesto puramente virtuale.
11.Quale sarà la ferita più profonda che lascerà?
Se gestiamo la cosa con una visione a livello globale, trattandosi di un problema che tocca tutto e tutti, riusciremo ad evitare la ferita forse più importante, al di là delle perdite umane, ovvero quello della divisione tra le diverse categorie sociali. Dopo una sofferenza comune è necessario uscirne fuori con una vittoria comune.

