È un ritorno alla terra quello di Ginevra, Benedetta e Michelangelo Piccini, quinta generazione della storica famiglia toscana del vino. Nati e cresciuti tra le vigne, i tre ragazzi non hanno mai dimenticato il fruscio del vento che spariglia le foglie, il crepitio della terra sotto gli scarponi, il sibilo della cesoia che recide il tralcio.
Da qui, Ginevra, Benedetta e Michelangelo hanno battuto le strade più diverse, dal marketing alla finanza, passando per l’enologia, dando un corpo e una visione ai ricordi romantici dell’infanzia. Dopo aver affinato gli strumenti del mestiere sotto l’ala del padre Mario, i tre ragazzi sono tornati nei luoghi dove tutto è iniziato, per applicare le loro idee e tracciare un nuovo itinerario enologico. Così è nato “Generazione Vigneti”, il brand che riunisce le tenute della famiglia Piccini, evidenziando il ruolo di spicco giocato dal terroir, con l’intento di scrivere il sequel di un’avventura vitivinicola che dura da oltre 140 anni.
Se è vero che il passato modella il futuro, il nuovo corso della quinta generazione non poteva che partire da Fattoria di Valiano, la tenuta della famiglia arroccata tra le colline del Chianti Classico. Qui, tra filari che giocano a nascondino con l’orizzonte e cipressi che solleticano il cielo, si respira l’aria della Toscana vecchia maniera, quella che fece innamorare Goethe. Eppure, in questa cartolina, l’immobilità è solamente apparente, perché come scrisse Curzio Malaparte: “la Toscana è paesaggio magico dove tutto è gentile intorno, tutto è antico e nuovo”. Ecco dunque che tra i filari di Poggio Teo, cru d’eccezione di Valiano, si può intravedere ogni mattina il nuovo guardiano hi-tech delle vigne: un robot automatico che ispeziona ogni palmo di terra per prevenire le malattie fungine. Ultima frontiera dell’agri-tech, il robot prende il nome da Icaro, il fanciullo che con le ali impastate di cera osò sfidare il sole.
“Il nostro Icaro però – spiega Pasquale Presutto, Direttore Tecnico della tenuta – stavolta, ha imparato la lezione e non si arrischia più verso i raggi del sole, ma usa le sue ali, tappezzate di pannelli, per irradiare le piante con raggi UV-C ed evitare, in maniera naturale, l’insorgere delle più temibili malattie della vite, come la Peronospora. Frutto di una realtà tutta italiana, Icaro è alimentato ad energia elettrica, con un sistema GPS integrato, che gli permette di orientarsi con successo nel dedalo dei filari.”
Sulle ali di Icaro, il progetto della quinta generazione vola verso il futuro, rispettando l’ambiente e il profondo legame con il territorio, pietra angolare di “Generazione Vigneti”.
“Questa nuova tecnologia – continua Pasquale – ci permetterà di continuare il nostro percorso all’insegna della sostenibilità ambientale, inaugurata qualche anno fa con la completa conversione dei nostri vigneti a regime biologico, per proporre dei vini che sappiano interpretare il terroir, nel pieno rispetto dell’ambiente.”
La stessa filosofia anima anche Tenuta Moraia, posta nelle terre indomite della Maremma Toscana che si tuffano a capitombolo nelle onde del Tirreno. Qui, oltre vent’anni fa, è iniziata la storia d’amore tra la famiglia Piccini e questo spicchio di terra.
È un placido giorno d’estate. I raggi del sole bagnano le colline toscane che si affacciano sul mare di Castiglion della Pescaia. Immerso in questo paradiso, Pierangiolo Piccini, il nonno dei tre ragazzi, passeggia tra le viti, lasciando affondare i suoi passi nel tepore della terra. D’un tratto si arresta, gonfia i polmoni con la limpida aria marina e lascia scivolare i suoi occhi lungo i ritmici saliscendi dei filari. Nello spazio di un attimo, l’istinto di Pierangiolo anticipa i calcoli agronomici, scrutando orizzonti che solamente un artista riesce ad immaginare. Deciso ad inseguire il suo intuito, Pierangiolo investe su queste colline acquisendo Tenuta Moraia, il colpo di genio di un maestro del vino.
Anni dopo, i suoi eredi continuano a rendere omaggio all’intuito del nonno, coltivando una terra che oggi viene salutata da tutti come la nuova frontiera del vino toscano. Cullate dal respiro del mare, le viti crescono rigogliose sulle soglie del bosco, lungo un sentiero naturale che unisce l’entroterra maremmano al mare. I 160 ettari, 60 dei quali vitati, rigorosamente a regime biologico, corrono sopra un suolo d’eccezione che esalta il Sangiovese e le più acclamate varietà internazionali.
Dal loro intreccio nascono i rinomati Supertuscan della tenuta, tra l’iconico Perpiero, delicato tributo della quinta generazione al nonno Pierangolo, che chiude – anche simbolicamente – un cerchio che affonda le sue radici nella storia di famiglia e nella continua volontà di coltivare il futuro del vino italiano.

